Mastoplastica additiva - Psicologia
Il seno, simbolo per antonomasia di femminilità, armonia, sensualità
La Mastoplastica additiva è un intervento particolarmente delicato in quanto fra tutte le peculiarità anatomiche di un corpo femminile, la forma del seno esprime un’importanza predominante: all’ambito prettamente estetico si associa quello più intimamente connesso alla femminilità. La donna ricerca non solo l’armonia delle sue forme, ma anche un equilibrio e una corrispondenza fra il proprio corpo ed il proprio ideale di femminilità. Quando il seno non è conforme ai suoi più intimi parametri di sensualità, avverte disagio e imbarazzo, spesso accompagnati da una sensazione di inadeguatezza. Quando si sottopone a un intervento di chirurgia estetica al seno, la donna lo fa essenzialmente per se stessa, per scoprire o riscoprire quella sensazione di sicurezza e benessere che esclusivamente la soddisfazione di sé può recare.
IL DOTTOR SANTANCHÈ HA IDEATO E PUBBLICATO PER PRIMO NEL MONDO, LA MASTOPLASTICA ADDITIVA CON IMPIANTO PER VIA ASCELLARE DI PROTESI ANATOMICHE IN VIDEOENDOSCOPIA
L’intervento di mastoplastica additiva per via ascellare in videoendoscopia è quanto di più tecnicamente evoluto vi sia a disposizione della paziente per l’aumento del seno. Per giungere a un risultato così straordinario, il dottor Santanchè ha progettato e fatto costruire lo strumentario appositamente pensato per operare agevolmente attraverso una piccola incisione praticata in una ruga del cavo ascellare utilizzando la visione endoscopica. Certamente la meno usata per via della più elevata difficoltà tecnica, questa via è quella oggi tecnicamente e tecnologicamente più avanzata, con il più eccellente standard di risultati e la totale assenza di cicatrici sulle mammelle o che possano facilmente ricondurre ad un intervento di mastoplastica additiva.
– Il nostro intervento di Mastoplastica Additiva
– Mastoplastica Additiva: Prima e Dopo
– Mastoplastica Additiva:Tecnica, decorso, convalescenza
– Tipologie di Protesi
– Vie d’accesso alternative alla via ascellare
– Possibili Complicanze della Mastoplastica Additiva
– Le faq sulla Mastoplastica Additiva
– Altre risorse sulla Mastoplastica Additiva
La Mastoplastica additiva è un intervento particolarmente delicato in quanto fra tutte le peculiarità anatomiche di un corpo femminile, la forma del seno esprime un’importanza predominante: all’ambito prettamente estetico si associa quello più intimamente connesso alla femminilità. La donna ricerca non solo l’armonia delle sue forme, ma anche un equilibrio e una corrispondenza fra il proprio corpo ed il proprio ideale di femminilità. Quando il seno non è conforme ai suoi più intimi parametri di sensualità, avverte disagio e imbarazzo, spesso accompagnati da una sensazione di inadeguatezza. Quando si sottopone a un intervento di chirurgia estetica al seno, la donna lo fa essenzialmente per se stessa, per scoprire o riscoprire quella sensazione di sicurezza e benessere che esclusivamente la soddisfazione di sé può recare.
IL DOTTOR SANTANCHÈ HA IDEATO E PUBBLICATO PER PRIMO NEL MONDO, LA MASTOPLASTICA ADDITIVA CON IMPIANTO PER VIA ASCELLARE DI PROTESI ANATOMICHE IN VIDEOENDOSCOPIA
L’intervento di mastoplastica additiva per via ascellare in videoendoscopia è quanto di più tecnicamente evoluto vi sia a disposizione della paziente per l’aumento del seno. Per giungere a un risultato così straordinario, il dottor Santanchè ha progettato e fatto costruire lo strumentario appositamente pensato per operare agevolmente attraverso una piccola incisione praticata in una ruga del cavo ascellare utilizzando la visione endoscopica. Certamente la meno usata per via della più elevata difficoltà tecnica, questa via è quella oggi tecnicamente e tecnologicamente più avanzata, con il più eccellente standard di risultati e la totale assenza di cicatrici sulle mammelle o che possano facilmente ricondurre ad un intervento di mastoplastica additiva.
– Il nostro intervento di Mastoplastica Additiva
– Mastoplastica Additiva: Prima e Dopo
– Mastoplastica Additiva:Tecnica, decorso, convalescenza
– Tipologie di Protesi
– Vie d’accesso alternative alla via ascellare
– Possibili Complicanze della Mastoplastica Additiva
– Le faq sulla Mastoplastica Additiva
– Altre risorse sulla Mastoplastica Additiva
A: Impianto retroghiandolare, videoendoscopico di protesi ergonomiche con gel dinamico per via transascellare con allestimento ultrasonico della tasca
L’utilizzo dei gel coesivi aveva reso le protesi rotonde troppo rigide e troppo convesse nei poli superiori, con il classico effetto “a boccia”. Da alcuni anni sono presenti sul mercato Motiva® e Nagor® per mastoplastica additiva estetica assolutamente innovative.
Sono costituite esternamente da un involucro morbidissimo, veramente impalpabile, liscio (Nagor®) o caratterizzato da una nano-testurizzazione (Motiva®): la particolare morbidezza consente di impiantarle in sede retroghiandolare anche nelle persone magre; la mancanza di testurizzazione evidente non causa gli effetti irritativi caratteristici delle testurizzazioni più aggressive.
La componente interna consiste in un gel coesivo dinamico, in grado di cambiare forma a seconda della posizione della paziente: a paziente supina, avrà una forma rotonda leggermente appiattita, a paziente in piedi, assume la forma a goccia delle protesi anatomiche. In sostanza si comportano in maniera estremamente simile alle vere mammelle, che si appiattiscono nella posizione orizzontale e si proiettano in avanti nella posizione verticale, senza mai assumere la forma a boccia delle protesi rotonde e senza la staticità delle protesi anatomiche.
Le impiantiamo per via ascellare endoscopica, quasi sempre in posizione retroghiandolare, effettuando la separazione tra ghiandola e muscolo Grande Pettorale col dissettore a ultrasuoni Ultracision® (lo stesso che usiamo nel Face Lift). L’accesso ascellare garantisce un seno totalmente privo di cicatrici, l’utilizzo dell’endoscopia consente di allestire una tasca periprotesica di assolta precisione e di curare l’emostasi con la massima attenzione, il dissettore a ultrasuoni permette di confezionare la tasca in modo significativamente atraumatico e di lavorare in un campo praticamente esangue.
Questa tipologia di intervento per l’aumento del seno praticamente dimezza i tempi di convalescenza e di guarigione, rendendo l’intervento quasi indolore.
B: Impianto retromuscologhiandolare o retroghiandolare, videoendoscopico di protesi anatomiche per via transascellare
Pubblicata nel 1999 e interamente ideata dal dottor Paolo Santanchè, consiste nell’impianto di protesi anatomiche di ultima generazione mediante una ridotta incisione praticata in una ruga del cavo ascellare. Viene eseguito in videoendoscopia, l’unica tecnica che consente una eccellente visione dell’allestimento della tasca periprotesica, ed una accuratezza esecutiva diversamente non ottenibile attraverso un’incisione sottoascellare. La morfologia del seno così ottenuta avrà caratteristiche di estrema naturalezza ed assenza di cicatrici. Le protesi anatomiche, in base alla struttura della paziente, potranno essere impiantate sia in sede retromuscologhiandolare, sia in sede retroghiandolare.
Se desiderate ulteriori informazioni sulla mastoplastica additiva potete rivolgervi a Milano e a Torino presso i nostri studi.
INSERIMENTO DELLE PROTESI PER VIA ASCELLARE
Le incisioni cutanee attraverso le quali si possono inserire le protesi, sono svariate. Da più di vent’anni il dottor Paolo Santanchè adotta (con soddisfazione delle pazienti e propria) la via ascellare, consistente nell’incisione cutanea praticata nel cavo ascellare, in prossimità di una ruga, per favorire il suo occultamento. Da qui lo scollamento prosegue dietro alla ghiandola mammaria nel caso dell’impianto di protesi retroghiandolare, in alternativa dietro al muscolo grande pettorale nel caso di impianto di protesi retromuscologhiandolare. Entrambe le soluzioni hanno un basso livello traumatizzante per la ghiandola mammaria e le cicatrici poste nel cavo ascellare risulteranno, soprattutto nei casi di buona cicatrizzazione, perfettamente dissimulate. La videoendoscopia, oltre ad una visione ideale del campo operatorio consente anche un suo notevole ingrandimento, a favore di un’esecuzione di estrema precisione e un risultato straordinario.
POSIZIONAMENTO DELLE PROTESI
- POSIZIONE RETROGHIANDOLARE DELLA PROTESI MAMMARIA – La tasca che dovrà accogliere la protesi viene allestita subito dietro alla ghiandola mammaria. Questa è la posizione più anatomica e meno invasiva. È ideale nel caso di impianto di protesi ergonomiche con gel dinamico che, data la loro particolare morbidezza risultano impalpabili. Nel caso di impianto di protesi anatomiche richiede un adeguato spessore dei tegumenti dei quadranti superiori della mammella.
- POSIZIONE RETROMUSCOLOGHIANDOLARE DELLA PROTESI MAMMARIA (detta più comunemente RETROMUSCOLARE) – La porzione superiore della tasca che dovrà accogliere la protesi viene allestita dietro al muscolo grande pettorale (la porzione inferiore sarà comunque direttamente dietro alla ghiandola mammaria, in quanto il muscolo grande pettorale non si estende verso basso fino al solco sottomammario). Comporta un intervento chirurgico lievemente più doloroso, se raffrontato al posizionamento retroghiandolare sopra descritto, ed un periodo di convalescenza un po’ più lungo. È quasi sempre indispensabile nel caso di impianto di protesi anatomiche, per vitare che il loro bordo superiore possa rendersi palpabile.
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Ecco alcuni esempi di Mastoplastica Additiva: “Prima” (a sinistra) | “Dopo” (a destra)
Puoi scorrere le anteprime ed ingrandire quella di tuo interesse e poi con i tasti freccia al pedice delle foto ingrandite visualizzare anche tutti gli altri esempi riportati.
Tecnica, decorso, convalescenza | scheda
Tipologie di protesi
Involucro esterno e materiali di riempimento
Le protesi in silicone per l’aumento del seno esistono fin dal 1962. Nel corso di tutti questi anni esse hanno subito, attraverso numerose modifiche, una notevole evoluzione. Altri tipi diversi di protesi sono stati proposti in questi anni, ma sempre abbandonate. Tutte le protesi, comunque, sono composte da un involucro esterno e da un contenuto interno.
INVOLUCRO ESTERNO
- Involucro in silicone liscio – è stato il primo tipo di involucro con cui furono costruite le protesi mammarie. Si trattava di una membrana monostratificata di silicone liscio e trasparente. Negli anni ’80 questa membrana fu assottigliata sempre più per rendere le protesi più morbide. La conseguenza fu di renderla troppo permeabile al silicone, che in minima quantità fuoriusciva, e troppo poco resistente all’usura provocata dalla continua frizione con i tessuti circostanti. Questa usura accentuava la fuoriuscita di silicone, cosa che favoriva l’indurimento della capsula fibrosa che conteneva le protesi, con conseguente indurimento del seno, e col passare degli anni rendeva la membrana così fragile da andare incontro a rottura al minimo trauma o addirittura a rottura spontanea. Questo fenomeno avveniva, e si riscontra tuttora, nelle pazienti operate con protesi costruite fino al 1994. Successivamente l’involucro delle protesi fu costruito con silicone stratificato, leggermente più spesso, in modo tale da non lasciar più trasudare il silicone all’esterno e resistere all’usura.
- Involucro in silicone rivestito con poliuretano – L’involucro di silicone fu rivestito con un sottile strato di poliuretano, che lo rendeva simile al velluto. Questo rivestimento rendeva meno frequente la retrazione capsulare, cioè l’indurimento del seno aumentato. Attualmente sono ancora in produzione, sono cadute in disuso per due motivi: prima di tutto sono state superate tecnologicamente dalle protesi testurizzate, di cui tratteremo in seguito, e secondariamente perché nel giro di cinque o sei anni il poliuretano si disgrega, trasformando la protesi in una normale protesi liscia, spesso con retrazioni capsulari di grave entità. Non è mai stato fatto uno studio serio sulla fine che fa il poliuretano liberato.
- Protesi con involucro a doppio lume – Per ovviare al trasudamento di silicone, prima dell’introduzione delle protesi con l’involucro polistratificato, furono prodotte protesi con due involucri: uno più interno che conteneva gel di silicone, uno più esterno che poteva venir riempito con soluzione fisiologica, in modo tale che un eventuale trasudato di silicone non potesse superare l’intercapedine così creata. Queste protesi, superate da quelle con l’involucro polistratificato, furono provvidenziali quando scoppiò nel 1992 l’allarme silicone che proibì fino al 1994 l’uso di protesi contenenti gel di silicone con involucro singolo. Dal 1994, quando il silicone è stato completamente riabilitato, sono cadute in disuso.
- involucro in silicone testurizzato polistratificato – All’inizio degli anni ’90 comparvero le prime protesi testurizzate. Furono l’evoluzione delle protesi al poliuretano. Cosa si intende per testurizzato: si intende il trattamento dello strato più esterno dell’involucro che lo rende ruvido ed irregolare. Queste irregolarità rendono meno frequente la retrazione capsulare. Attualmente l’involucro delle protesi è costruito con silicone stratificato, leggermente più spesso, in modo tale da non lasciar trasudare il silicone all’esterno e resistere all’usura.
- INVOLUCRO IN SILICONE NANO_TESTURIZZATO POLISTRATIFICATO – È l’ultima e più tecnologica evoluzione della testurizzazione. Le testurizzazioni più aggressive erano necessarie sulle protesi anatomiche, per favorirne l’adesione ed evitarne la rotazione. Le nuove protesi ergonomiche non hanno la necessità di aderire ai tessuti circostanti e la nano-testurizzazione sembra più efficace nella prevenzione della retrazione capsulare. La nano-testurizzazione è presente esclusivamente protesi prodotte da Motiva®, che l’ha ideata e studiata.
- INVOLUCRO IN SILICONE LISCIO POLISTRATIFICATO – È l’involucro che offre la minore superficie esterna a parità di forma e volume. Secondo la teoria del “biofilm” , responsabile della retrazione capsulare è deposizione batterica infinitesimale (non in grado di generare un’infezione) inevitabile sulla superficie della protesi. Pertanto, minore la superficie, minore il biofilm. Secondo le statistiche interne di Nagor®, esclusivamente relative alle protesi di loro produzione, paragonando i diversi tipi di superficie, liscia e con diversi gradi di testurizzazione, le protesi lisce hanno la minor percentuale di retrazione capsulare.
MATERIALI DI RIEMPIMENTO
- Gel di silicone semiliquido – è stato il primo materiale di riempimento delle protesi ed è tuttora il materiale più usato.
- Soluzione salina (fisiologica) – Praticamente acqua, arricchita di cloruro di sodio (NaCl) per portarne la pressione osmotica al livello dei liquidi corporei. Le protesi riempite con soluzione salina sono attualmente cadute in disuso. Prima di tutto la consistenza dell’acqua è molto diversa da quella della ghiandola mammaria. In taluni casi si può percepire addirittura lo sciacquio della soluzione fisiologica dentro la mammella. Le protesi di questo tipo vengono inserite vuote e riempite dopo l’impianto, attraverso una valvola che non ha una tenuta perfetta, con la conseguenza che piccole quantità di liquido fuoriescono e con il tempo la protesi si riduce di volume. In caso di rottura, la soluzione salina si riassorbe in brevissimo tempo, con l’imbarazzante scomparsa di una mammella.
- Olio di soia – Alcuni anni fa, sull’onda della moda per i materiali naturali, furono proposte le protesi riempite con olio di soia. Il risultato fu che con il tempo e la temperatura corporea l’olio di soia, che è un materiale biologico e quindi soggetto ad alterazioni, diventava rancido, con conseguenze facilmente immaginabili: c’è chi afferma che si poteva sentire la puzza fin dall’esterno del seno. Il Ministero della Salute ne ha ordinato la rimozione e attualmente non sono più prodotte.
- Polisaccaridi – Poco successive alle precedenti, furono proposte protesi contenenti un gel di polisaccaridi. Le conseguenze furono svariate: dal semplice fatto che il gel cambiava consistenza con la temperatura corporea, diventando più liquido e quindi più simile alla soluzione salina, al maggior rischio di infezioni causate dal fatto che i polisaccaridi sono un ottimo terreno di coltura per batteri e un’eventuale imperfezione dell’involucro poteva lasciar entrare ospiti indesiderati. Attualmente non sono più prodotte.
- Gel di silicone ad alta coesività – L’introduzione nel 1994 del gel di silicone ad alta coesività consentì la produzione delle prime protesi anatomiche. Queste protesi hanno una forma più simile alla ghiandola mammaria, con una forma simile ad una goccia che scorra su un vetro, e sono riempite con un gel di silicone con una consistenza simile alla gelatina. Pur essendo molto morbido, non è un liquido denso come silicone delle protesi tradizionali e consente alla protesi di mantenere la sua forma in tutte le posizioni. Inoltre questo tipo di gel, anche se la protesi viene tagliata in due con una lama, a causa della sua particolare coesività, non fuoriesce.
- GEL COESIVO DINAMICO – Si tratta di un gel che, pur essendo coesivo, è in grado di cambiare forma a seconda della posizione della paziente, appiattendosi quando è coricata, ma assumendo una forma anatomica più proiettata quando la paziente è in piedi. Questa caratteristica, oltre alla eccezionale morbidezza, conferisce una particolare naturalezza al seno operato che lo rende veramente difficile da distinguere da uno vero.
LA FORMA DELLE PROTESI
- Protesi rotonde – Sono le più comuni, le più facili da impiantare e le meno costose. Purtroppo da quando il gel coesivo ha sostituito il silicone semiliquido, sono diventate più rigide e tendono a mantenere la proiezione più o meno semisferica anche nella stazione eretta, conferendo al seno una forma innaturale, troppo piena e rotonda nei quadranti superiori e con il punto di maggior proiezione che non corrisponde al capezzolo, ma che è leggermente superiore. Attualmente, nella nostra esperienza, non hanno più senso di esistere.
- Protesi anatomiche in gel coesivo – Come dice il nome stesso, hanno una forma anatomicamente più naturale. Hanno un rischio minore di retrazione capsulare, ma nella maggior parte dei casi richiedono un posizionamento retromuscolare e sono più difficili da impiantare correttamente. La convalescenza è più lunga e l’intervento è un po’ più doloroso. Restano comunque insostituibili nei casi di pseudo-ptosi, quando si richieda una spinta particolare nella sede retroareolare.
- Protesi ergonomiche in gel coesivo dinamico – uniscono i vantaggi delle altre protesi senza averne gli svantaggi. Il loro gel particolare consente di modificare la loro forma da rotonda ad anatomica a seconda della posizione della paziente e conferisce al seno una eccezionale naturalezza. La nano-testurizzazione diminuisce significativamente il rischio di retrazione capsulare e la loro morbidezza rende quasi impossibile accorgersi della loro presenza. Attualmente sono il prodotto tecnologicamente più avanzato.
Le altre vie d'accesso
Alternative alla via ascellare
INSERIMENTO DI PROTESI PER VIA SOTTOMAMMARIA L’incisione viene praticata nel solco inferiore alla mammella e permette il posizionamento sia retromuscolare che retroghiandolare delle protesi. Anche nell’ipotesi di ottima cicatrizzazione, la visibilità dell’incisione non potrà mai superare un esame a distanza ravvicinata, mentre in presenza di cicatrizzazioni distrofiche o ipertrofiche, apparirà visibile anche se osservata da lontano. La via qui descritta è quella di più semplice esecuzione, per questo adottata principalmente dai chirurghi meno esperti o meno raffinati.
INSERIMENTO DI PROTESI PER VIA PERIAREOLARE L’incisione viene praticata in una metà del perimetro dell’areola, generalmente in quella inferiore, e può essere intrapresa esclusivamente nei casi in cui l’areola non è troppo piccola e la protesi non troppo grande. Anche se la cicatrice è posta in corrispondenza del cambiamento di colore fra la cute mammaria e l’areola, anche nei casi di perfetta cicatrizzazione, non supererà mai un esame a distanza ravvicinata. La via periareolare richiede l’attraversamento delle ghiandole mammarie e costituisce fra tutte le vie d’accesso quella maggiormente invasiva.
INSERIMENTO DI PROTESI PER VIA TRANSAREOLARE L’adozione di questa via prevede l’incisione del capezzolo e dell’areola attraverso il loro diametro orizzontale ed il successivo proseguimento con l’incisione di tutta la ghiandola mammaria, attraversandola fino alla parete toracica. In Europa tale via non è utilizzata proprio per la sua rilevante invasività. Inoltre consente esclusivamente l’impianto di protesi molto piccole o riempibili con soluzione fisiologica.
INSERIMENTO DI PROTESI PER VIA TRANS-OMBELICALE Mediante questa via è possibile solamente l’impianto di protesi riempite di soluzione fisiologica, da tempo non più utilizzate in Europa. Non consente inoltre il modellamento accurata del solco sottomammario, con l’inconveniente estetico di protesi eccessivamente alte e piene nei quadranti superiori. Questa tecnica non hai mai avuto successo.
INSERIMENTO DI PROTESI PER VIA TRANS-ADDOMINALE La via può essere intrapresa unicamente se l’intervento di mastoplastica additiva avviene in contemporanea con una dermolipectomia addominale. Il posizionamento delle protesi può essere solo quello retro ghiandolare.
Possibili complicanze
L'ematoma, il sieroma, l'infezione...
L’EMATOMA La sua formazione non è frequente ma un movimento particolarmente brusco o uno sbalzo di pressione, possono provocare la riapertura di vasi che durante l’intervento erano stati chiusi mediante coagulazione. Consiste in una raccolta di sangue nella tasca allestita per alloggiare la protesi: in questi casi, attraverso l’incisione effettuata per l’intervento, si rimuove l’ematoma e si chiude il vaso sanguinante. Se l’ematoma viene rimosso non pregiudica il risultato dell’intervento.
IL SIEROMA Si tratta di una formazione di siero nella tasca che accoglie la protesi. Non sono chiare le motivazioni per le quali ciò talvolta avviene. Normalmente non è necessario procedere alla riapertura della tasca: spesso si risolvono spontaneamente, a volte vengono aspirati tramite una siringa.
L’INFEZIONE È una complicanza grave, ma fortunatamente molto rara, specie se l’intervento è stato effettuato in una sala operatoria dotata di filtraggio e ricambio dell’aria. Richiede la sollecita rimozione della protesi e, dopo apposito esame colturale e antibiogramma, l’assunzione di una terapia antibiotica mirata. In seguito alla risoluzione del problema infettivologico, potrà essere nuovamente impiantata una protesi mammaria, senza pregiudicare in alcun modo l’esito estetico.
IL WRINKLING E’ la denominazione della formazione di piccole pieghe cutanee, presenti soprattutto nei quadranti supero-mediali. Si può verificare nelle pazienti molto magre o con un tessuto sottocutaneo estremamente sottile: piccole piegoline della protesi testurizzata aderente ai tessuti possono riflettersi sulla pelle sovrastante e rendersi visibili.
LA RETRAZIONE CAPSULARE O INCAPSULAMENTO E’ in pratica un restringimento patologico del fisiologico rivestimento fibroso-cicatriziale della tasca che contiene la protesi mammaria. Può presentarsi anche in seguito ad un intervento di mastoplastica perfettamente riuscito, anche a distanza di anni. La correzione consiste nella correzione chirurgica della tasca periprotesica, riadeguandola alla dimensione della protesi, con il totale ristabilimento del risultato estetico.
FAQ
Domande frequenti sull'argomento
E’ possibile avere ulteriori gravidanze in seguito ad un intervento di aumento del seno?
Certamente. La mastoplastica additiva non pregiudica in alcun modo la possibilità di avere altre gravidanze.
L’allattamento può essere più problematico in seguito all’impianto di protesi?
Assolutamente no. Attenzione però che la tecnica utilizzata dal chirurgo sia conservativa e che quindi non danneggi i dotti galattofori.
Qual’è la durata media delle protesi mammarie?
L’involucro polistratificato che caratterizza già da parecchi anni le protesi di buona qualità le rende particolarmente resistenti all’usura. Sebbene i vari produttori ne limitino la garanzia a 10 anni (tempo per il quale ne sono responsabili secondo la Legge), è possibile considerare una durata decisamente più elevata, particolarmente per le protesi anatomiche.
La possibilità di sviluppo di tumori alla mammella è più elevata nel caso di presenza di protesi?
No, nessuno studio effettuato su donne portatrici di protesi ha mai appurato una più elevata incidenza di tumori alla mammella.
E’ possibile sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva in presenza di fibroadenomi?
E scientificamente documentato che la presenza di fibroadenomi, piuttosto che una fibroadenomatosi, non accrescono la possibilità di sviluppo di patologie neoplastiche e l’impianto di protesi può essere effettuato con tranquillità.
Nel caso di cisti (mastopatia fibrocistica) è bene evitare l’impianto di protesi mammarie?
Mastopatie fibrocistiche, contraddistinte dalla presenza di cisti nella compagine del parenchima mammario, non costituiscono controindicazione alla mastoplastica additiva con impianto di protesi. La mastopatia fibrocistica è di natura benigna e non viene condizionata dalla presenza di protesi mammarie.
Si sente sempre parlare del rischio nel prendere l’aereo da parte di chi si è sottoposto alla mastoplastica additiva. C’è qualcosa di vero?
E’ una leggenda metropolitana assolutamente infondata. La fisica ci insegna che il volume dei liquidi (e il gel è un liquido denso) non cambia con il variare della pressione (solo i gas cambiano volume a seconda della pressione). L’esplosione di una protesi mammaria è quindi tecnicamente e fisicamente impossibile: con le protesi mammarie è possibile sia andare in aereo, sia praticare immersioni subacquee.
Un filmato sulla Mastoplastica Additiva
La puntata di "Bellessere" dedicata a Mastoplastica Additiva e Mastopessi
Gli articoli sulla Mastoplastica Additiva
Articoli e interviste di Paolo Santanchè sull'argomento "Mastoplastica"
“TUAME” – 8 ottobre 2018 – Mastoplastica additiva interventi e protesi
“ADN Kronos” – 13 gennaio 2018 – Seno nuovo, arrivano le protesi “dinamiche”
“SIGNORE SI DIVENTA” – 15 marzo 2017 – Un seno nuovo? Prima rispondi a queste domande